Oltre il sistema operativo: il ransomware nella CPU
Essere vigili nei confronti del ransomware non è una novità. Il ransomware può causare gravi danni, spesso permanenti, ai dispositivi finali, a meno che non siano presenti efficaci processi di ripristino. Molti operatori di ransomware tentano di eliminare le copie shadow e altri metodi di recupero, rendendo quindi essenziale la ridondanza nei sistemi di backup. Tuttavia, la situazione diventa ancora più seria con l’emergere del ransomware a livello di microcodice. Se il microcodice che gira nella minuscola memoria della tua CPU viene infettato, il ripristino diventa molto più difficile, poiché il codice malevolo può persistere anche dopo un riavvio — una minaccia che in passato sembrava improbabile.
Un ricercatore di sicurezza ha recentemente dimostrato che è possibile modificare il firmware UEFI installando una patch non firmata direttamente nel processore. Questa tecnica bypassa le soluzioni antivirus tradizionali e le contromisure a livello di sistema operativo. Sebbene gli analisti non abbiano ancora osservato ransomware attivi a livello CPU nel mondo reale, è importante comprendere come potrebbe funzionare questa minaccia e considerare quali meccanismi di difesa potrebbero risultare efficaci.
Come funziona un attacco ransomware nel microcodice
In una proof-of-concept pubblicata alcune settimane fa, un ricercatore di sicurezza è riuscito a condurre un attacco ransomware direttamente nel microcodice del processore. Questo ha rivelato un vettore poco esplorato che potrebbe rappresentare un cambiamento significativo nell’evoluzione del malware. L’attacco sfrutta una vulnerabilità presente nei processori AMD Zen (dalla prima alla quinta generazione), che permette il caricamento di microcodice non autorizzato senza un’adeguata verifica della firma digitale. La verifica della firma è una delle contromisure principali usate dai sistemi operativi per rilevare modifiche non autorizzate a componenti critici come i bootloader. Poiché il microcodice governa il comportamento fondamentale della CPU, alterarlo può avere un impatto grave sul funzionamento del sistema.
Questa vulnerabilità è stata segnalata da Google, che ha identificato una falla nell’algoritmo di validazione delle firme di AMD e ne ha dimostrato la portata attraverso un test pratico. In tale test, i ricercatori hanno modificato il microcodice per manipolare la funzione di generazione di numeri casuali del processore. Il risultato? La CPU restituiva sempre il numero 4, indipendentemente dal contesto della richiesta. Anche se l’esempio può sembrare banale, dimostra che è possibile manipolare i processi interni fondamentali del chip. In uno scenario reale, questo potrebbe compromettere calcoli sensibili — come la generazione di chiavi crittografiche — interferire con la verifica di firme digitali o manipolare algoritmi di integrità del sistema.
Nonostante la tecnica di manipolazione del microcodice per scopi malevoli sia ancora oggetto di studio in ambienti di ricerca, i risultati portano alla luce un vettore che merita attenzione nelle strategie di difesa future. È dunque utile riflettere su come potremmo rilevare un tipo di ransomware del genere, se dovesse materializzarsi in un attacco reale.
L’analisi di comportamenti anomali e la correlazione di eventi attraverso tutta l’infrastruttura rappresentano elementi chiave in questo contesto. L’adozione di strumenti capaci di integrare informazioni provenienti da diversi livelli del sistema — endpoint, rete, server o ambienti cloud — permette di ottenere una visione più completa e individuare schemi di attività che i meccanismi tradizionali potrebbero non riuscire a segnalare.
Gli approcci di Extended Detection and Response (XDR) offrono capacità preziose in tal senso. Combinando analisi comportamentali avanzate, monitoraggio dei movimenti laterali nella rete e risposta automatizzata ad attività sospette, le organizzazioni possono identificare segnali che potrebbero indicare un attacco ransomware. Questo rafforza una strategia multilivello, cruciale per affrontare minacce che agiscono a livello hardware.
Lo sviluppo potenziale di malware a livello CPU aggiunge una nuova componente agli attacchi ransomware. In un panorama della cybersecurity in continua evoluzione, rafforzare le capacità di rilevamento, prevenzione e risposta sarà essenziale per mitigare le minacce emergenti.
Per fornire ulteriore contesto sulle possibili contromisure, riportiamo un estratto del ricercatore su cui si basa questo articolo. La sua analisi è particolarmente rilevante, come illustrato nel seguente grafico.